Tutte queste seconde case, sfitte, vuote, sottoutilizzate diverranno una risorsa. Per il turismo? No, per la vita quotidiana ai tempi del surriscaldamento globale. Parola del meteorologo Luca Mercalli, alla presentazione del volume “Laboratorio Alpino” di Cipra tenutosi il 28 luglio 2018 a Chateau-Beaulard (Oulx, To). Le città diventano soffocanti e le estati venture, sempre più roventi, porteranno ad una crescente migrazione di telelavoratori e smart workers verso le località di montagna.
Come nella mia valle di Susa. La radio locale puntualmente mi ricorda che a Bardonecchia “a soli 45 km da Torino” posso trovare ristoro dall’afa opprimente. Mi accorgo allora che i media hanno già intuito il fenomeno e trovato l’elaborazione più efficace che, nelle varie forme, si focalizza sull’immagine di briosa frizzantezza. La rivista Grazia nello stilare la top 5 dei luoghi più belli di montagna apre con la parola “fresco” e conia una definizione geniale: le “vacanze con la felpa”. Immagine perfetta che contrappone l’insopportabile inutilità dei rimedi contro la calura (il ventilatore con il nebulizzatore, la camicia di fresco lino, ecc.) con una soluzione che ribalta il problema. Avere freddo per non patire il caldo.
Foxlife accentua il divario montagna-città: “quando la colonnina di mercurio si impenna” meglio fuggire alla ricerca dell’aria frizzante, godendo di “temperature diurne miti e piacevoli e notti fresche ideali per lunghi sonni pieni di sogni”. Anche qui una comunicazione altamente efficace che va a colpire il piano percettivo: all’insonnia tormentata (afa, zanzare, ecc.) si sostituisce la quiete favolosa di un riposo senza interruzioni. Rinunciare al caldo va bene, ma perché non trasportare lassù un po’ di quell’entertainment proprio dell’urbanità? Insomma, se in città la temperatura è troppo opprimente perché non organizzare un dj set in rifugio a tremila metri di altitudine? Ecco che il turismo climatico porta con sé nuove esigenze, l’offerta si amplia cercando di dare soddisfazione a questo tipo di target e – come prende atto FoxLife – viene finalmente (sic & sigh!) cancellato lo stereotipo per cui “un break tra le vette era prerogativa di una ristretta cerchia di persone amanti delle passeggiate e del silenzio”. Spopolano concerti e festival in quota e si moltiplicano le iniziative che scimmiottano gli eventi cittadini (che dire della ride di spinning sulla terrazza del rifugio?).
Sei la solita musona criticona (e stavolta anche un po’ cozza invidiosa). Che male ti fanno? E poi tu, scusa, non la ascolti la musica? Sì. Ma non amo essere fraintesa: vorrei che gli altri mi percepissero e mi trattassero per come sono. A chi di noi fa piacere sentirsi non capito, strumentalizzato, usato? È così è per la montagna. Io credo che il silenzio, ad esempio, non sia un vecchio stereotipo come suggerisce FoxLife. Credo che sia una caratteristica intrinseca dell’ambiente alpino che lo rende unico, speciale, completo che, se non rispettato, ne tradisce la natura stessa. Non penso che vada superato in nome di esigenze poste da una nuova frequentazione delle vette per vendere, per aggradare chi scappa dal caldo, per innovare a tutti i costi.
Ok, ma chi lo decide cos’è proprio della montagna? Insomma chi stabilisce che il silenzio, ad esempio, è un tratto essenziale che va preservato? E poi perché la montagna non può adattarsi alle nostre esigenze così come lo fa il mercato che ci propone sempre nuovi stimoli alle nostre richieste?
Partiamo dal fondo. Il mercato non offre stimoli, ma beni di consumo. Il suo scopo è indurre alla vendita e, per questo, si ingegna nel creare sempre nuove occasioni per attrarre il soggetto all’acquisto. La montagna è un ecosistema naturale: non ti accalappia per vendere, ma ti accoglie come ospite di un sistema molto più complesso del sistema domanda-offerta. È una bellezza muta: a parlare sono le rappresentazione che noi ne diamo, tra cui quelle in cui le cime sono utilizzate dalle strategie di marketing. E che parole useranno? Quelle che stanno nel cuore silente della montagna? O sfrutteranno quelle che meglio soddisfano i loro obiettivi, senza troppa cura per le conseguenze che possono ingenerare?
“Esagerata! Che male fa un servizio al tg sulla fuga in montagna? O un articolo sulle località dove trovare refrigerio? Sei così elitaria da negare il fresco ai cittadini?”. No, accetto il turismo di massa sulle Alpi e riconosco che è una fonte di reddito per chi ci vive: è un dato di fatto e sarà, negli anni, un fenomeno in forte aumento. Proprio per questo mi preoccupo delle modalità comunicative con cui proponiamo le nostre montagne come una sorta di appendice della città, ma con l’aria condizionata gratuita. Va benissimo il nuovo paradigma “frizzante”, ma cerchiamo di trasmettere anche l’aspetto “pungente”, quello del pensiero critico che sempre più spesso viene dismesso e non solo per le vacanze estive.